Il direttore della Oxford University Press, che si occupa di stilare l’Oxford English Dictionary, che è una cosa bellissima (soprattutto per quelli come me che sono impallinati coll’inglese, quelli che tra guardare un film doppiato e non guardarlo affatto piuttosto scelgono di guardare Amici); il direttore della OUP, dicevo, sostiene che addirittura la terza edizione dell’OED neanche uscirà, cartacea. D’altro canto, dovrebbe uscire nel 2037.
E Simon Winchester, che dell’OED se ne intende, giacché ha scritto The Meaning of Everything: The Story of the Oxford English Dictionary, va un bel po’ oltre:
Until six months ago I was clinging to the idea that printed books would likely last for ever. Since the arrival of the iPad I am now wholly convinced otherwise. (…) Books are about to vanish; reading is about to expand as a pastime; these are inescapable realities.
Tutto questo lo riporta un articolo del Telegraph, cui sono arrivato grazie a un post di John Gruber. Ora, io non credo che i libri scompariranno del tutto, neanche con macchine come Kindle e iPad. Quello che però mi pare ragionevole è che testi di riferimento, come manuali e dizionari, ma anche robe incredibili come la Commedia (titolo a caso solo perché piuttosto voluminoso), siano più facilmente consultabili; allo stato attuale dei fatti un ebook, ma anche un pdf fatto bene, è ben più consultabile di un libro in venti volumi.
E non venirmi a rompere con discorsi sulla carta, il fruscio, il libro è un’altra cosa. La mia opinione già l’ho detta: «Il libro di carta è tale perché è stato per anni la punta massima tecnologicamente ottenibile per diffondere idee e storie, e farle durare nel tempo». Se c’è una maniera per perpetuare quei dati, in maniera migliore, avanti.
Migliore significa: di più facile consultazione, di più facile conservazione. Dall’app iBooks sto leggendo un libro, in questi giorni: se voglio cercare una parola di quel libro, perché magari non ricordo in quale capitolo era riportata una certa frase, la trovo in pochi istanti (tap sullo schermo dell’iPhone, tap sulla lente d’ingrandimento (metafora della ricerca), scrivi le prime lettere della parola, lui già la sta cercando in tutto il documento). La comodità di poter leggere un libro di duecento pagine sul mio telefono è davvero cosa impagabile. E poi: di un iPhone viene eseguito automaticamente un backup ogni qualvolta lo si collega al computer col quale lo sincronizziamo; una persona accorta esegue un backup del proprio computer almeno una volta a settimana (e se non lo fai: sei un mona); una persona saggia eseguirà backup diversi, salvandoli in posti diversi: ma non serve spingersi fino alla paranoia per dire che se compro l’English Oxford Dictionary per poterlo consultare sul Mac, probabilmente è più sicuro di una versione cartacea.
Son felice che qualcuno cerchi di inventarsi delle commistioni o, perché no, s’imponga scelte radicali: siamo nel 2010, la tecnologia permette di fare cose molto belle: facciamo in modo che non rimanga solo Facebook, di questa tecnologia. Che poi io, Amici, neanche lo guardo.
(Un po’ più breve, ma c’è anche l’articolo del Guardian, nel quale peraltro si specifica che
“Demand for online resources is growing but large numbers of people continue to purchase dictionaries in printed form and we have no plans to stop publishing print dictionaries”
Ecco, tanto per dire.)
(E per favore, non concentriamoci sul fatto che ho nominato l’iPhone e l’iPad, in quest’articolo: uso un iPhone tutti i giorni e ci leggo pure gli ebook sopra – miserando, eh? – quindi se devo parlare di qualcosa che conosco, parlo di quello. Fine. Se avrò un Kindle, userò quello come esempio; idem se e quando avrò un iPad. Dai.)