Sono finito in un gruppo Facebook dedicato agli aspiranti scrittori. Lo so che non si dovrebbe andar per gruppi Facebook.
Inizia così un articolo (troppo corto! ne volevo di più!) di Vanni Santoni. Non posso dire di conoscere davvero Vanni: ci siamo incrociati un paio di volte, molto tempo fa; abbiamo amici in comune; sappiamo grosso modo che cosa facciamo. Però capisco alla perfezione quello che ha passato in questi gruppi di aspiranti scrittori.
La premessa fondamentale è che lui lavora davvero nell’editoria, io ci lavoro per modo di dire: inutile non paga niente e nessuno, è una cosa ai limiti del volontariato, quindi il peso delle nostre figure è sicuramente diverso, e anzi forse nelle logiche di chi anima questi gruppi io verrei avvicinato alle loro stesse posizioni, in quanto capofila di una rivista indipendente.
Però negli ultimi 12 o 13 anni, da un po’ prima cioè che uscisse ufficialmente inutile, bazzico il mondo degli esordienti, o ancora da esordire, o semplicemente: degli aspiranti. Per una decina di loro che capiscono che la scrittura è un mestiere al quale bisogna applicarsi con impegno e fatica, ce ne sono altri cento che pensano davvero di essere gli unici scrittori degni di questo nome al mondo, e che comunque vada è sempre colpa di qualcun altro, mai delle loro pagine piatte, del loro stile vuoto e delle storie già sentite e raccontate come le racconta chiunque non abbia mai letto davvero.
Vanni non tocca un altro argomento gigantesco, che è quello della lettura: quasi nessuno di questi aspiranti legge abbastanza. Se legge, legge solo grandi libri classici o grandi libri da classifica. Non ha idea di cosa pubblichino gli editori, non conoscono nessun esordiente vero (né per i piccoli o medi editori, né per i grandi: che anche i grandi pubblicano esordienti). Gli aspiranti scrittori, per la maggior parte, non dovrebbero scrivere. Poi per fortuna c’è quello sparuto gruppo di persone brave e umili, che sanno che come in tutte le cose devi faticare come una bestia per ottenere anche il più piccolo risultato, e che si rendono conto che se Mondadori ancora non li ha chiamati, magari non è colpa di quegli editor, ma della propria maturità artistica e professionale. Si riconoscono, di solito, già dalla mail con cui approcciano le riviste come inutile. Fieri di quello che han fatto, eppure disposti ad fartelo leggere e giudicare. Pronti a tornare a lavorarci, ad ascoltare l’opinione di qualcun altro (meglio se opinione informata e più o meno professionale). A queste persone io voglio davvero bene, e anche se non c’entra niente con l’articolo di Vanni: inutile è un posto piccolo che cerchiamo di tenere pulito dalle perversioni dell’ego. È anche casa vostra.