In treno un signore di circa 70 anni, forse qualcosa di più, si lamenta al telefono che la sindaca di Parigi sia «una cretina», si meraviglia che sia stata rieletta, e inveisce contro le piste ciclabili, considerate larghe come «autostrade», che mettono in difficoltà le automobili, che devono viaggiare in fila indiana e stare attente ai ciclisti.
Non credo che potrebbe venirmi in mente un’immagine migliore per descrivere il secolo finito vent’anni fa e che ancora non vuole morire. (E quindi, appunto, non è ancora finito.)
Effettivamente, il nostro attuale governo è uscito dritto dal secolo scorso, e tra le altre cose ha azzerato il budget per le piste ciclabili.
La verità è che non ci può essere spazio in una città moderna e funzionante per le automobili, se non pochissime. I mezzi pubblici sono straordinari mezzi per gli spostamenti, be’, pubblici. Il fatto che nella pratica, spesso e ovunque, questi ultimi funzionino male e pertanto molti vogliano usare l’automobile non può essere una scusa.
Senza considerare che la bicicletta è uno straordinario mezzo di spostamento privato, che fa bene alla salute (al netto di proteggersi dall’inquinamento generato dalle automobili). In questo momento in treno la connessione va e viene e cercare le cose mi è difficoltoso, e riesco solo a scrivere questo post di sfogo: ma cercati gli studi sulle ricadute positive dell’uso costante della bicicletta, a livello proprio di società e di stato. Sono innumerevoli – sia gli studi, che le ricadute positive.
Basta, torno a lavorare.